Chiedere la pubblicazione di matrimonio

Descrizione Procedimento

La celebrazione del matrimonio è garantita ai cittadini dal Regio decreto 16/3/1942, n. 262 e dal Decreto del Presidente della Repubblica 3/11/2000, n. 396.

Si svolge in un una data concordata fra i partner e l'Amministrazione comunale, in uno spazio che può essere prenotato indipendentemente dalla residenza dei partner, con tariffe e modalità descritte dal Regolamento comunale e viene celebrata da un ufficiale dello stato civile.

Per il matrimonio civile la prenotazione della cerimonia non può avvenire prima di sei mesi dalla data prescelta, tenendo in considerazione la validità della pubblicazione di matrimonio.

La pubblicazione di matrimonio è la fase del procedimento con il quale l'ufficiale dello stato civile accerta che non esistono impedimenti alla celebrazione del matrimonio, sia civile che religioso, rendendo pubblica l'intenzione degli sposi tramite l’esposizione all'albo pretorio online del Comune.

La durata di esposizione della pubblicazione è di otto giorni.

La pubblicazione ha validità dal quarto giorno compiuta la pubblicazione per 180 giorni. Se il matrimonio non è celebrato nei termini prescritti, la pubblicazione si considera come non avvenuta e occorre rifarla.

Requisiti soggettivi

I requisiti sono:

  • almeno uno dei due sposi deve essere residente nel Comune
  • entrambi gli sposi devono aver compiuto 18 anni oppure 16 anni previa autorizzazione del Tribunale dei minori
  • essere di stato libero: celibe/nubile, divorziato/a, vedovo/a

Il verbale di pubblicazione sarà redatto dopo aver esaminato la documentazione e verificato i requisiti previsti dalla legge.

Futuri sposi stranieri

I futuri sposi stranieri, per poter fissare un appuntamento per le pubblicazioni di matrimonio, devono presentare il nulla osta a contrarre matrimonio rilasciato dal Consolato o Ambasciata del proprio paese come previsto dal Codice Civile.

Per i futuri sposi stranieri che non conoscono la lingua italiana, sarà necessario, a loro cura, procurarsi un interprete che alla data fissata per le pubblicazioni si presenterà insieme agli interessati per tradurre, sotto giuramento, quanto sarà detto. Le generalità dell’interprete dovranno essere fornite attraverso l’invio o la presentazione di un suo documento di riconoscimento prima della data fissata per le pubblicazioni, in modo che l’ufficio competente possa preparare il modello di giuramento.

Casi particolari

  • - I minorenni che hanno compiuto i sedici anni possono chiedere le pubblicazioni di matrimonio soltanto dopo aver ottenuto dal competente Tribunale dei minorenni l’apposito decreto previsto dall’art. 84 del Codice Civile.
  • - Le vedove e le divorziate non possono contrarre matrimonio se non dopo 300 giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Il Tribunale con Decreto può autorizzare (prima dei 300 giorni) il matrimonio quando è escluso lo stato di gravidanza In alternativa per le divorziate è ammessa la presentazione della copia della sentenza di divorzio con l’indicazione dell’art. 3 Legge 898/1970.

Iter

Dopo la presentazione della richiesta di pubblicazione dovrà essere redatto il verbale di pubblicazione. I nubendi saranno contattati dopo il controllo della documentazione presentata per fissare un appuntamento.

Il matrimonio può essere celebrato in una delle sale del comune, in tal caso,  dovrà essere trasmessa, prima della stesura del verbale, anche l'istanza di richiesta sala.

Per chiedere la pubblicazione di matrimonio è obbligatorio prendere appuntamento con l'ufficiale di stato civile.

Nel giorno fissato per le pubblicazioni gli sposi si presenteranno, secondo la tipologia di rito, con i seguenti documenti:

  • rito civile di futuri sposi entrambi cittadini italiani: documento di riconoscimento e codice fiscale
  • rito civile con uno o entrambi cittadini stranieri: documento di riconoscimento, codice fiscale e nulla osta del consolato debitamente legalizzato se non esente
  • rito religioso: documento di riconoscimento, codice fiscale e richiesta di pubblicazione rilasciata dal parroco.

Tutta la restante documentazione sarà acquisita d’ufficio perché già in possesso della Pubblica Amministrazione.

Scegliere il regime patrimoniale

Il regime patrimoniale regola la gestione degli acquisti fatti dai coniugi dopo il matrimonio.

Il matrimonio instaura automaticamente il regime patrimoniale della comunione legale dei beni. I coniugi, però, possono scegliere il regime della separazione dei beni:

  • al momento della celebrazione del matrimonio, consegnando apposita dichiarazione al celebrante (ufficiale di stato civile, parroco o altro ministro del culto)
  • successivamente al matrimonio, con convenzione stipulata di fronte a un notaio. Per qualsiasi cambiamento del regime dopo il matrimonio, occorre rivolgersi ad un notaio per la stipulazione di un'apposita convenzione. La convenzione sarà poi trasmessa dal notaio all'ufficiale di stato civile del Comune di celebrazione del matrimonio per l'annotazione sull'atto di matrimonio.

La legge italiana subordina l'opponibilità ai terzi della scelta del regime di separazione dei beni e di eventuali convenzioni matrimoniali che modificano il regime patrimoniale legale e che devono essere riportate sull'atto di matrimonio, per esempio un fondo patrimoniale o la comunione convenzionale.

Anche ciò che determina lo scioglimento della comunione legale, quindi l'eventuale comunione dei beni, deve essere annotato sull'atto di matrimonio, per esempio una sentenza di separazione legale o una sentenza di divorzio.

Gli effetti rispetto ai terzi si producono solamente dalla data dell'annotazione sull'atto di matrimonio.

Se è necessario provare il regime patrimoniale dei coniugi, occorre chiedere un estratto riassuntivo dell'atto di matrimonio che riporta le varie annotazioni con gli estremi essenziali degli atti che producono le variazioni al regime della comunione legale dei beni.

Per conoscere le singole clausole delle convenzioni e il contenuto specifico delle sentenze occorre rispettivamente rivolgersi al notaio o acquisire presso il tribunale copia della sentenza. Se la comunione dei beni è stata scelta al momento della celebrazione, non ci sarà alcuna annotazione nell'estratto di matrimonio.

 

La comunione dei beni ha per oggetto il patrimonio comune dei coniugi, di cui essi hanno la proprietà in quote uguali. Il patrimonio comune comprende:

  • i beni acquistati insieme o separatamente durante la vita matrimoniale, tranne quelli di carattere personale
  • i risparmi di ciascun coniuge, accantonati durante la vita matrimoniale
  • le aziende costituite dopo il matrimonio e gestite da tutti e due coniugi.

Fanno parte del patrimonio comune anche i debiti, contratti congiuntamente o separatamente (per il mantenimento della famiglia, l’educazione dei figli, ecc.), gli oneri che gravano sui beni al momento dell’acquisto (ad esempio un’ipoteca sulla casa).

Chi è escluso

Sono esclusi dalla comunione i beni personali di ciascun coniuge, e cioè:

  • i beni di ciascuno esistenti prima del matrimonio
  • i beni che ciascuno ha ricevuto, dopo il matrimonio, per donazione o successione
  • i beni ottenuti a titolo di risarcimento danni o di pensione per invalidità al lavoro
  • i beni di uso strettamente personale o necessari al'esercizio di una professione
  • i beni acquistati vendendo o dando in cambio i beni personali sopra elencati, purché all'atto dell’acquisto venga specificato che non entrano nella comunione dei beni.

Gli atti di amministrazione ordinaria dei beni possono essere compiuti da ciascuno dei due coniugi, mentre quelli straordinari (ad esempio vendita di immobili) richiedono il consenso di entrambi.

Ciascun coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio, e ne ha il godimento e l'amministrazione (i beni acquistati prima del matrimonio sono sempre esclusi).

I beni di cui nessun coniuge può provare, con ogni mezzo, la proprietà esclusiva si presumono di proprietà comune in pari quota per entrambi. Ciascuno dei coniugi può avere la procura (anche per scrittura privata) ad amministrare i beni dell'altro coniuge, ma ha l'obbligo di rendergli conto dei frutti del suo operato e di rendergli tutto ciò che ha ricevuto.

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