Anagrafe
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Nessun cittadino può evitare di essere iscritto in anagrafe: normalmente la stabile dimora coincide con l’abitazione principale, quindi col luogo ove abitualmente la persona mangia, dorme, invita gli amici; tuttavia vi sono casi più sfumati, ad esempio una persona che si trova per la maggior parte del tempo in una città per ragioni di lavoro, ma mantenga “il centro della propria vita sociale ed affettiva”, come indicato dalla Corte di Cassazione in diverse sentenze, nel Comune di origine.
Anche i senza fissa dimora, perché senza casa o perché svolgono un mestiere itinerante, individueranno un Comune di riferimento, dove abitualmente gravita la loro esistenza, dove hanno il domicilio fiscale, o dove qualche associazione ritira la posta e fornisce qualche servizio; che poi l’iscrizione avvenga presso il domicilio (unico caso in cui il domicilio ha valenza anagrafica) oppure in una via territorialmente non esistente è irrilevante.
Infine, se proprio nessun luogo può essere individuato per poter iscrivere la persona, questa verrà iscritta nel Comune di nascita.
Al di là dei problemi nell’individuazione del luogo di registrazione per i casi più difficili, la legge considera appunto tutti i casi possibili, affinché nessuno possa rimanere escluso dall’iscrizione anagrafica.
Gli stranieri regolarmente soggiornanti, sia comunitari che non comunitari, sono sottoposti allo stesso obbligo, ma chiaramente non è applicabile il principio dell’iscrizione presso il Comune di nascita, se sono nati all’estero e non si riesce ad individuare alcun Comune dove iscriverli, caso peraltro più ipotetico che concreto. Anche in questi casi, comunque, il Legislatore ha previsto la soluzione, stabilendo che, se il Comune di nascita è estero, si può individuare quello di nascita di un ascendente, se nato in Italia, altrimenti si ricorre ad un apposito registro gestito dal Ministero dell’Interno, come disposto dall’art. 2 penultimo comma della Legge anagrafica: “Per i nati all'estero si considera Comune di residenza quello di nascita, del padre o, in mancanza, quello della madre. Per tutti gli altri, soggetti all'obbligo della residenza, ai quali non possano applicarsi i criteri sopraindicati, è istituito apposito registro presso il Ministero dell'interno.”.
L’obbligo di dichiarazione deriva dall’art. 2 della Legge anagrafica: “E' fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sè e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, la iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche, a norma del regolamento, fermo restando, agli effetti dell'articolo 44 del Codice civile, l'obbligo di denuncia del trasferimento anche all'anagrafe del Comune di precedente residenza.” (Oggi si parla di “responsabilità genitoriale” e non più di “potestà”, ma il senso è lo stesso)
e dall’art. 6 del Regolamento anagrafico: “Responsabili delle dichiarazioni anagrafiche 1. Ciascun componente della famiglia è responsabile per sè e per le persone sulle quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche di cui all'art. 13. Ciascun componente può rendere inoltre le dichiarazioni relative alle mutazioni delle posizioni degli altri componenti della famiglia. 2. Agli effetti degli stessi adempimenti la convivenza ha un suo responsabile da individuare nella persona che normalmente dirige la convivenza stessa.”
mentre l’art. 13 del Regolamento anagrafico definisce gli oggetti delle dichiarazioni: “Dichiarazioni anagrafiche 1. Le dichiarazioni anagrafiche da rendersi dai responsabili di cui all'art. 6 del presente regolamento concernono i seguenti fatti:
E’ prevista dall’art. 11 della Legge anagrafica:
capoverso 1 - Chiunque avendo obblighi anagrafici contravviene alle disposizioni della presente legge ed a quelle del regolamento è punito, se il fatto non costituisce reato più grave, con l'ammenda da Euro 25,82 a Euro 129,11.
capoverso 2 - Per le persone residenti nei territori dello Stato in seguito ad immigrazione dall'estero, che non hanno provveduto a curare la propria iscrizione e quella delle persone sottoposte alla loro patria potestà o tutela nell'anagrafe del Comune dove dimorano abitualmente o, se non hanno fissa dimora, ai sensi del precedente art. 2, nonché per chiunque consegue l'iscrizione contemporanea nell'anagrafe di più Comuni, si applica l'ammenda da Euro 51,65 a Euro 258,23.
capoverso 3 - Entro dieci giorni dalla contestazione o notificazione della contravvenzione, fatta eccezione per le ipotesi previste dal comma precedente, il colpevole è ammesso a fare oblazione mediante pagamento della somma di Euro 0,26 nelle mani dell'ufficiale d'anagrafe che ha accertato la contravvenzione. Le somme riscosse a titolo di ammenda per le contravvenzioni previste nel presente articolo, sia in seguito a condanna, sia per effetto di oblazione, spettano al Comune.”
Da notare che il terzo capoverso dell’art. 11 prevede che, nei casi previsti al comma 1, ovvero a chi contravviene agli obblighi delle norme anagrafiche, se il colpevole paga entro 60 giorni (termine modificato dall'art.16, comma 1, della L. n.689/1981, prima previsto in 10 giorni), la sanzione viene ridotta a 26 centesimi. Pertanto, in considerazione che l’ammontare della sanzione risulta essere risibile rispetto all’impegno e ai costi necessari per il loro incasso, le sanzioni previste dal comma n.1 dell’art.11 della Legge anagrafica, non verranno contestate.
La sanzione ridotta non si applica però per le situazioni più gravi, ovvero la mancata iscrizione per provenienza dall’estero o la doppia iscrizione anagrafica, pertanto in questi casi le sanzioni verranno applicate.
In tutti i casi in cui la legge non prevede una cifra fissa, ma un intervallo entro cui muoversi, la sanzione dovrà essere applicata secondo quanto previsto dall’art. 16 c. 1, L. 689/81: “È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.”
Pertanto per i casi previsti dal comma n.2 dell'art.11, la sanzione applicabile sarà di Euro 86,08 (senza possibilità di versare 26 centesimi entro 60 giorni), più le spese del procedimento.
Una persona è irreperibile quando:
La segnalazione di irreperibilità può essere fatta in Comune da:
La persona scomparsa è cancellata dagli iscritti all'anagrafe della popolazione residente e di conseguenza perde:
Dopo aver ricevuto la segnalazione, il Comune fa eseguire ripetuti controlli, opportunamente intervallati, per verificare l'effettiva scomparsa della persona (Decreto del Presidente della Repubblica 30/05/1989, n. 223, art. 11).
Qualora gli accertamenti confermino la mancata reperibilità si provvederà alla relativa cancellazione dal registro della popolazione residente, con le formalità disposte dalla normativa vigente.